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La scuola del futuro

Lo stato dell’edilizia scolastica italiana versa in condizioni a dir poco critiche. La maggior parte degli edifici, costruiti decenni orsono e mai ristrutturati, ricalcano uno schema distributivo obsoleto, mostrano gli inesorabili segni del tempo e hanno perso quella funzione fondamentale di connettori sociali nel tessuto urbano.

Recentemente è stato approvato uno schema di bando dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) che fissa i criteri per individuare le scuole del futuro, come previsto da “La buona scuola” (Legge 107 del 2015). L’obiettivo del concorso è acquisire idee progettuali per la realizzazione di scuole innovative da un punto di vista architettonico, impiantistico, tecnologico, dell’efficienza energetica e della sicurezza strutturale e antisismica. Ma non solo, perché le nuove scuole dovranno anche ripensare gli spazi, favorendo l’apprendimento e l’apertura al territorio.

Prima del bando ufficiale, Il Sole 24 Ore, ad ottobre, aveva anticipato questa urgenza, lanciando la sfida “Cari architetti, rifateci le scuole”, una provocazione volta ai creativi del Paese per raccogliere le proposte innovative sul tema dell’edilizia scolastica.

Tra i primi a rispondere all’appello è stato l’architetto Renzo Piano, che ha ideato un progetto per una scuola sostenibile e “da condividere”.

“La città che funziona – dice l’architetto genovese – è quella in cui si dorme, si lavora, ci si diverte e soprattutto si va a scuola. Dico soprattutto perché mentre si può decidere di non visitare un museo, sui banchi di scuola ci devono passare tutti. Occuparsi di edifici scolastici è un rammendo che, ancor prima che edilizio, è sociale. Se dobbiamo costruire nuove scuole meglio farle in periferia. Questa è la scommessa dei prossimi decenni: trasformare le periferie in pezzi di città felice, disseminandole di luoghi per la gente, punti di incontro  e aggregazione, dove si celebra il rito dell’urbanità”.

Piano immagina che la scuola innovativa debba avere la funzione di connessione con la città: il piano terra dovrà essere permeabile e trasparente, in modo che l’edificio diventi un luogo di scambio e connessione con il quartiere; al centro dovrà trovare spazio un grande giardino e servizi per la cittadinanza (palestra, biblioteca, etc.); nella scuola del futuro non esisteranno i corridoi, ma le aule saranno direttamente comunicanti con l’esterno; sulla copertura potranno essere individuati orti e soluzioni tecnologiche innovative, come pergole fotovoltaiche e macchine eliotermiche, in modo da sfruttare questi spazi per laboratori e per far sì che l’edificio possa autosostenersi a livello energetico.

Le scuole sono a tal punto un nodo fondamentale del tessuto sociale che, quando un territorio viene danneggiato, la ricostruzione dovrebbe partire proprio da loro.

Tant’è che la Regione Emilia Romagna aveva pubblicato nel 2012 un bando per la realizzazione di 28 edifici scolastici prefabbricati a seguito del grave sisma che aveva colpito la regione nello stesso anno.

La gara prevedeva la costruzione di soluzioni alternative per quelle scuole che non sarebbero state riparabili in tempi brevi perché gravemente danneggiate. Da questo bando sono scaturite interessanti proposte riguardo alle metodologie costruttive e ai materiali impiegati.

Sicuramente uno dei progetti più significativi è stato quello dell’architetto Mario Cucinella, che ha firmato il nuovo asilo nido di Guastalla (RE).

Il progetto di Cucinella accoglie i bambini con un percorso sensoriale fatto di odori, luci, colori; niente è lasciato al caso, dal tipo di piante nel giardino al sistema di riscaldamento.

“Ho pensato – afferma il progettista bolognese – a un edificio che raccontasse una storia: l’entrata è il richiamo alla balena di Pinocchio e naturalmente al ventre materno, un grande spazio dalle linee morbide e dai colori tenui del legno, che accoglie i piccoli come un abbraccio”.

La struttura offre ai bambini la possibilità di far viaggiare l’immaginazione con i suoi molteplici spunti, dai giochi di luce interni al giardino dei sensi, un boschetto con cespugli e piante aromatiche che i piccoli possono esplorare. Grande importanza è data inoltre alle soluzioni tecnologiche per la manutenzione e l’autosostenibilità dell’edificio, come il sistema di raccolta dell’acqua piovana che serve per annaffiare il giardino e l’assenza di caloriferi e condizionatori, poiché il riscaldamento degli ambienti passa dal pavimento con un sistema di canalizzazione dell’acqua calda. Tutto è realizzato in legno e vetro e non sono stati usati materiali nocivi alla salute. “Il giorno dell’inaugurazione – racconta ancora Cucinella –  spiegheremo ai bambini le nostre scelte ecologiche e il percorso dell’acqua che arriva dal cielo e viene rimessa in circolo. Bisogna seminare in loro la cultura dell’ecologia affinché crescano consapevoli dell’ambiente dove vivono. Quello che dico sempre è che l’edificio è già in sé una forma di educazione”.

Insomma, le scuole devono sia rappresentare un modello di efficienza energetica e sostenibilità ambientale da trasmettere anche alle nuove generazioni, sia assolvere la funzione di connettore sociale attraverso una compresenza di funzioni pubbliche necessarie per il quartiere. A questo punto l’edifico scolastico può essere realmente un nodo sociale fondamentale del tessuto cittadino.

“Gli edifici c’è qualcuno che decide dove tirarli su. L’ubicazione di una scuola incide moltissimo sulla composizione delle classi. Forse, allora, gli edifici scolastici non andrebbero mai costruiti all’interno di un quartiere, ma sempre al confine tra due: uno centrale e uno periferico, uno buono e l’altro disgraziato, uno di case popolari e l’altro di palazzi nobiliari” (Mario Fillioley).

Luca Zanon, Irene Cerruti

Immagini:

Renzo Piano

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Mario Cucinella, asilo nido a Guastalla (RE)

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