Il progetto delle insegne e degli apparati decorativi esterni delle attività commerciali dei centri storici: una pratica ormai persa che dovrebbe essere recuperata e incentivata
Guardate l’immagine a fianco: raffigura il negozio di ombrelli Tagini, in Corso Roma, ad Alessandria, nei primi anni del ‘900. Oltre al fascino indiscutibile di una città non ancora invasa dal traffico automobilistico e sicuramente a misura di pedone, possiamo notare un particolare interessante. Esisteva una ricerca incredibile sull’aspetto esteriore delle attività commerciali: praticamente ogni negozio faceva a gara per avere la vetrina più accattivante.
Non solo c’era una cura maniacale per l’allestimento dei prodotti, ma questa attenzione era rivolta a tutto l’apparato decorativo che incorniciava le vertine. Si progettavano strutture in legno o ferro decisamente adornate, mentre le insegne erano caratterizzate da una ricerca costante sui caratteri calligrafici delle scritte, rigorosamente riprodotte a mano, che riportavano il nome del negozio, il logo e i prodotti merceologici in vendita. Insomma, l’aspetto esteriore dei negozi era frutto di un progetto accurato volto a caratterizzare da una parte gli spazi espositivi e dall’altra ad armonizzarsi con il palazzo in cui veniva ospitata l’attività commerciale. Questa attenzione si è protratta nel corso del tempo fino agli anni ’70, quando gli esercizi commerciali hanno iniziato ad omologarsi.
Oggi questa ricerca si è praticamente persa.
Da una parte molte città, in Italia e in Europa, hanno cercato di salvaguardare negozi e botteghe storiche, emanando provvedimenti che prevedessero il mantenimento degli apparati decorativi esterni anche nel caso di cambio di attività e di gestione.
Su questo aspetto la Francia è sempre stata all’avanguardia. Passeggiare per le vie dei centri storici di Parigi, Lione o di diverse città medio piccole, singifica fare un tuffo nel passato ed essere letteralmente rapiti da vetrine che hanno mantenuto il fascino del tempo nonostante i naturali cambi di gestione (v. in fondo all’articolo il progetto “Paris Re-tale” : https://www.pixartprinting.co.uk/content/paris-re-tale/?awc=5853_1489240236_a58f215281602e3c46cc8990b47886fc&source=aw).
Anche nelle nostre città diverse amministrazioni hanno tentato di salvaguardare i negozi storici compatibilmente con le naturali trasformazioni commerciali e tentando di non “mummificare” un settore in profonda crisi. Anche Alessandria possiede, da diversi anni, un “Albo delle botteghe storiche”, con l’obiettivo di tutelare e difendere quelle attività commerciali ed artigiane che hanno un forte radicamento urbano e preservare un patrimonio andato pressochè distrutto.
Oggi la “visual communication” dedicata ai punti vendita ha abbandonato l’artigianalità a favore di tecniche produttive industriali. Vuoi da una parte la crisi, per cui non si investe più su quello che può apparentemente sembrare superfluo, vuoi per una omologazione generale di stili portata anche dalla diffusione delle grandi catene commerciali, oggi le insegne e in generale gli elementi decorativi esterni dei negozi sono quasi tutto realizzati a livello industriale, con computer, programmi di grafica e macchinari più o meno costosi.
Ma un tempo, esattamente come le locandine dei film, le insegne dei negozi erano fatte a mano: scritte, simboli, disegni, numeri di telefono erano affidati ad abili artisti dalla mano ferma, dalla tecnica perfetta e dallo stile impeccabile.
“La convulsa rincorsa alla riduzione dei costi (…a qualunque costo), alla riproducibilità senza limiti e soprattutto la diseducazione del pubblico al buon gusto grafico ha fatto sì che l’arte del pittore di insegne scomparisse quasi del tutto, relegata in piccolissime nicchie” (http://www.frizzifrizzi.it/2013/03/09/the-sign-painters/).
Questo articolo non vuole avere un carattere nostalgico, tutt’altro. Ritengo che esistano ancora i margini per poter aiutare i commercianti ad investire nelle facciate dei negozi del nostro centro storico.
Perchè non dare la possibilità ai negozianti di caratterizzare artigianalmente la parte esterna dei propri locali e le insegne, magari attraverso lo sconto o l’abolizione di alcune tasse alle attività che promuovono queste buone pratiche? Il risultato potrebbe essere quello di un centro storico più bello e identitario e di negozi sicuramente più accattivanti e unici nel proprio genere.
Voglio segnalare alcune iniziative editoriali su questo tema.
Prima fra tutte il progetto di Pixart Printing, leader europeo della stampa digitale (trovo singolare che un service di stampa digitale valorizzi le antiche tecniche manuali calligrafiche…), che ha creato catalogato diverse botteghe storiche a Parigi, con il progetto “Paris Re-tale”
(https://www.pixartprinting.co.uk/content/paris-re-tale/?awc=5853_1489240236_a58f215281602e3c46cc8990b47886fc&source=aw)
e con il suo gemello milanese “T’insegno Milano” (https://www.pixartprinting.it/content/milan-re-tale/), un vero e proprio itinerario visivo per uno “shopping tipografico” che illustra la varietà di stili e la creatività con cui le antiche insegne dei negozi e delle botteghe milanesi venivano realizzate. I gestori sono ritratti davanti alle loro vetrine a testimonianza che le rispettive attività si sono tramandate con tanta passione.
Alcune perle editoriali e diversi siti web che trattano l’argomento delle insegne dei vecchi negozi sono:
“Graphique de la rue: the signs of Paris”
http://www.graphics.com/article/graphique-de-la-rue-signs-paris
Edito da Princeton Architectural Press, un itinerario nella capitale francese da percorrere inevitabilmente nel passato, attraverso le insegne degli storici bistrot, delle boulangerie, dei cinemà e dei teatri che hanno resistito al declino.
“Grafica della strada: the signs of Italy”
http://www.italianways.com/louise-fili-on-the-road-la-grafica-della-strada-intervista/
https://www.pixartprinting.it/blog/grafica-di-strada/
Un libro, gemello del precedente, che raccoglie il meglio della tipografia “trovata” per le strade d’Italia da una designer italoamericana.
“L’Italia insegna”
In cui James Clough, designer e calligrafo inglese ma milanese d’adozione da più di quarant’anni, oltre che docente di tipografia e storia della tipografia, compie un giro d’Italia a caccia d’insegne storiche, classiche, tradizionali a mano o realizzate in ferro battuto, incise, scolpite, tra barbieri e latterie, cappellerie e pizzicagnoli, cinema, bar e alberghi diurni.
“The sign painters”
http://www.signpaintersfilm.com/
Faythe Levine e Sam Macon hanno realizzato un libro e un film sui pittori di insegne, segnalando nuove leve di giovani artisti che si sono avvicinate a questo mondo, finendo spesso per collaborare con negozianti particolarmente illuminati o desiderosi di trovare un modo originale per decorare la propria bottega o per farsi pubblicità.
Il progetto torinese “Lettering da”
https://www.silviavirgillo.com/lettering-da/
Nato dalla mente di Silvia Virgillo, torinese, classe 1987, che nel 2012 ha deciso di unire la sua curiosità per i dettagli tipografici urbani alla passione per la fotografia dando così vita al primo sviluppo del progetto: “Lettering da Torino”.
Un articolo del Post sui vecchi negozi di New York:
Segnalo inoltre questo articolo (in inglese) sulla rinascita della pratica del “Lettering” e delle insegne dipinte a mano (Handpainted sign-in pictures):